Racconti Erotici > tradimenti > La confessione di Annalisa Cap. 4
tradimenti

La confessione di Annalisa Cap. 4


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
08.05.2025    |    762    |    0 8.0
"Altre volte, lui la scopava in piedi, contro una finestra, il rischio che qualcuno li vedesse che li mandava in estasi..."
Mi chiamo Ferdinando, ho 38 anni, e la mia vita con Annalisa, la mia giovane moglie, è un vortice di desiderio, segreti e confessioni che ci legano in un gioco pericoloso e irresistibile. Viviamo in Friuli, ma la storia che sto per raccontare risale a anni fa, quando Annalisa, a 22 anni, era una studentessa in Erasmus a Monaco di Baviera, subito dopo la laurea. È la quarta confessione che mi ha regalato, una notte d’inverno, dopo un bicchiere di vino rosso, mentre i nostri corpi nudi si intrecciavano sotto le coperte, l’odore del suo profumo – lavanda e muschio – che mi ubriacava. Ogni sua parola era un colpo, un’onda di gelosia, sospetto ed eccitazione che mi consumava, un piacere perverso nel sapere che la mia Annalisa, la donna che amo, si era concessa, aveva goduto, si era persa in un piacere che non mi apparteneva. Questa è la storia di una serata in una birreria di Monaco, dell’incontro con un uomo che ha acceso in lei un fuoco selvaggio, e degli incontri che ne sono seguiti, un viaggio nel desiderio che ha cambiato tutto.
Annalisa era giovane, libera, un’esplosione di vita. A 22 anni, con i suoi capelli castani che cadevano in onde sulle spalle, occhi verdi che scintillavano di malizia, un corpo snello ma formoso – alta 1,65, culo sodo, seno pieno che tendeva le magliette, fianchi che ondeggiavano come un invito – era una calamita per gli sguardi. Monaco, con le sue strade acciottolate, i mercatini natalizi e le birrerie affollate, era il suo playground. Durante l’Erasmus, si era fatta tanti amici: studenti spagnoli, italiani, tedeschi, un gruppo che passava le serate tra risate, boccali di birra e conversazioni infinite. Ma quella sera, in una birreria di Schwabing, tutto cambiò. La birreria era un caos di luci calde, risate, e l’odore di malto e legno bagnato. Annalisa indossava un vestitino nero aderente, corto, che le modellava le curve, stivaletti con tacco, e un rossetto rosso che urlava pericolo. Era lì con i suoi amici, seduta a un tavolo lungo, quando lo notò: un uomo, seduto al bancone, che la fissava con un’intensità che le fece tremare le gambe.
Si chiamava Klaus, 40 anni, un tedesco che sembrava scolpito: alto 1,90, spalle larghe, capelli biondi corti, occhi azzurri che tagliavano come lame, un viso cesellato con una mascella squadrata, un sorriso che prometteva guai. Indossava una camicia bianca, maniche arrotolate, pantaloni scuri, e un anello d’oro alla mano sinistra – era sposato, un dettaglio che accese in Annalisa un brivido proibito. Klaus si avvicinò, portando con sé due boccali di birra. “Posso offrirti da bere?” chiese, la voce profonda, con un accento che rendeva ogni parola un invito. Annalisa sorrise, accettando, e i suoi amici, ridendo, li lasciarono chiacchierare. La serata divenne un gioco di seduzione: Klaus flirtava senza pudore, i complimenti che piovevano – “Hai occhi che fanno perdere la testa,” “Quel vestito dovrebbe essere illegale” – e le sue mani che sfioravano le sue, poi la sua coscia sotto il tavolo, carezze leggere che le accendevano la pelle. Annalisa non si tirava indietro: rispondeva con battute, lo sguardo malizioso, e, quando lui le rubò un bacio, un contatto rapido, caldo, lei ricambiò, la lingua che sfiorava la sua, il sapore di birra e desiderio che le esplodeva in bocca.
Le toccatine si fecero più audaci. La mano di Klaus scivolò più in alto, sotto l’orlo del vestito, sfiorando l’interno coscia, un tocco che le fece bagnare la fica. Annalisa, provocatrice, gli sfiorò il cazzo attraverso i pantaloni, sentendolo indurirsi, grosso, pulsante, un’erezione che la fece sorridere. “Attento, potresti metterti nei guai,” sussurrò, mordendosi il labbro, il cuore che batteva forte. Lui rise, il fiato caldo sul suo collo, e le rubò un altro bacio, più profondo, la lingua che esplorava, mentre la mano le stringeva il culo, un gesto possessivo che la fece gemere piano. La birreria sembrava svanire, il rumore delle risate che si dissolveva, lasciando solo il loro calore, il loro gioco. La serata finì senza andare oltre, ma si scambiarono i numeri, un patto silenzioso che prometteva di più. Klaus le mandò un messaggio quella notte stessa: “Non riesco a smettere di pensarti. Quel vestito… voglio vederti di nuovo.” Annalisa, sdraiata nel suo letto in dormitorio, la fica ancora bagnata, sorrise, rispondendo: “Vedremo chi cede per primo.”
Nei giorni successivi, i messaggi si fecero un fuoco: provocazioni, foto audaci – Annalisa in lingerie, Klaus con la camicia aperta, il petto muscoloso in mostra – e confessioni sporche. “Voglio sentirti gemere,” scriveva lui. “Voglio quel cazzo dentro di me,” rispondeva lei, la mano che scivolava tra le cosce, masturbandosi al pensiero di lui, un uomo sposato, un trofeo da conquistare. Dopo una settimana di messaggi che bruciavano, si diedero appuntamento. Klaus propose un hotel discreto nel centro di Monaco, una suite con vista sulla città, un luogo dove potevano essere soli, lontano da occhi indiscreti. Annalisa voleva farsi desiderare, voleva sentirsi una dea del desiderio, una donna sexy e potente, capace di far crollare un uomo con un solo sguardo. Si preparò con cura: una minigonna di pelle nera, cortissima, che lasciava intravedere il perizoma di pizzo rosso, una camicetta nera trasparente, senza reggiseno, i capezzoli duri visibili sotto il tessuto, tacchi a spillo che la facevano sembrare una predatrice, rossetto rosso fuoco, smalto nero sulle unghie, i capelli sciolti che danzavano sulla schiena. Si guardò allo specchio, la fica che pulsava, e sussurrò: “Stasera sei mio, Klaus.” Era pronta a essere la sua tentazione, a farlo impazzire, a marchiarlo con il suo desiderio.
Quando entrò nella stanza d’hotel, l’aria era densa di tensione. Klaus era lì, in pantaloni scuri e camicia bianca, i bottoni slacciati che lasciavano intravedere il petto scolpito, l’odore di colonia – legno e agrumi – che la colpì come un pugno. I suoi occhi azzurri la squadrarono, famelici, e senza dire una parola la afferrò, spingendola contro il muro, la bocca che si chiudeva sulla sua in un bacio feroce, la lingua che esplorava, un contatto che la fece gemere. Le mani di Klaus le strizzarono il seno, le dita che pizzicavano i capezzoli attraverso la camicetta, un piacere che le mandò scariche lungo la schiena. Annalisa non perse tempo: gli afferrò le palle attraverso i pantaloni, stringendole, sentendo il cazzo duro che premeva, un mostro che implorava di essere liberato. “Cazzo, sei una tentazione,” ringhiò lui, l’accento tedesco che rendeva ogni parola un ordine.
Si spogliarono in un groviglio di mani e gemiti, i vestiti che cadevano sul pavimento, l’odore di pelle calda e desiderio che saturava la stanza. Annalisa, nuda, i capezzoli duri, la fica bagnata che gocciolava, si inginocchiò, il cazzo di Klaus davanti a lei, enorme, venoso, la cappella lucida di pre-sperma. Lo prese in mano, accarezzandolo, poi lo leccò, la lingua che scivolava dalla base alla punta, il sapore salato che la faceva tremare. Lo succhiò con passione, la bocca che si allargava, le mani che massaggiavano le palle, i gemiti di Klaus che echeggiavano, “Ja, così, piccola troia.” Lei accelerò, la gola che lo accoglieva, la saliva che colava, il suono bagnato che riempiva la suite, il cazzo che pulsava, pronto a esplodere. Ma Annalisa voleva di più. Lo spinse sul letto, il materasso che cigolava sotto il suo peso, e si mise sopra di lui, a cavalcioni, la fica che sfiorava il cazzo, le grandi labbra che lo accarezzavano. Con un movimento lento, lo guidò dentro, lasciandolo scivolare nella sua fica calda, bagnata, un calore che lo fece ringhiare. “Cazzo, sei stretta,” gemette, e lei sorrise, iniziando a muoversi, veloce, il culo che rimbalzava, i seni che danzavano, le mani che si appoggiavano al suo petto.
Ogni affondo era un’esplosione, il cazzo che la riempiva, il clitoride che sfregava, il suono bagnato che echeggiava. Annalisa chiuse gli occhi, il piacere che montava, e in pochi minuti esplose, un orgasmo violento che la fece urlare, “Cazzo, sto venendo!” Uno squirt caldo inzuppò il letto, schizzi che colavano sulle cosce di Klaus, il corpo che tremava, la fica che si contraeva attorno al cazzo. Per prolungare il piacere, afferrò le palle di Klaus, stringendole con dolcezza, fermando il suo orgasmo, un trucco che aveva imparato per tenere il controllo. Lui ringhiò, eccitato dal suo dominio, e lei, con un sorriso malizioso, gli graffiò il petto, le unghie che lasciavano scie rosse, poi si chinò, leccandogli i capezzoli, mordendogli il collo, lasciandogli un succhiotto sul capezzolo destro, un marchio che urlava: “Sei mio, anche se sei sposato.” Sapeva che era un gesto provocatorio, un segno che sua moglie avrebbe notato, e questo la eccitava ancora di più, la faceva sentire potente, una dea del desiderio che prende ciò che vuole.
Klaus, il cazzo super duro, non resistette. Con una mossa rapida, come un lottatore, la ribaltò, spingendola sotto di lui, le gambe alzate, spalancate, la fica esposta. “Troia,” ringhiò, il suo italiano stentato che la fece ridere, e affondò in lei, il cazzo che la scopava forte, ogni spinta un colpo che la faceva tremare. Le strizzò i capezzoli, pizzicandoli, un piacere che la mandò in orbita, e Annalisa chiuse gli occhi, il corpo che si inarcava, un altro orgasmo che esplodeva, “Cazzo, sì, Klaus!” Uno squirt violento schizzò sul suo petto, il suo urlo che si spezzava, la fica che pulsava, bagnata, martoriata. Lui continuò a spingere, il ritmo brutale, e lei venne di nuovo, il corpo che tremava, la fica che batteva, un piacere che la consumava.
Klaus si scostò, il cazzo in mano, pronto a venire, ma Annalisa lo fermò. Gli accarezzò le palle, lo fece sdraiare, e tornò a cavalcarlo, la fica che lo ingoiava, un movimento veloce, sfrenato. Lui, già al limite, gemette, spingendola per togliere il cazzo, ma lei, con un sorriso da diavola, lo afferrò, rimettendolo dentro, “No, voglio tutto,” sussurrò, muovendosi ancora, il culo che rimbalzava, i seni che danzavano. Klaus esplose, sborrando nella sua fica, fiotti caldi che le riempivano l’utero, un orgasmo che la travolse, un altro squirt che inzuppava il letto, il suo urlo che si mescolava al suo, il piacere che li consumava, l’odore di sborra e muschio che saturava la stanza.
Quella notte fu solo l’inizio. Annalisa e Klaus si videro altre volte, un vortice di incontri clandestini che alimentavano il loro desiderio. Si incontravano in hotel, in appartamenti presi in affitto, persino in un bosco fuori Monaco, sotto la pioggia, il rischio che li eccitava. Ogni volta, Annalisa si vestiva da dea del desiderio – minigonne, tacchi, lingerie che non lasciava nulla all’immaginazione – e Klaus la scopava con una fame che non si spegneva. Le scene si ripetevano, ma si evolvevano, diventando più audaci, più perverse. Una sera, in un altro hotel, Annalisa gli diede il culo, un desiderio che aveva confessato a Klaus durante un messaggio infuocato. Lui la preparò con cura, le dita lubrificate che esploravano il suo buco stretto, la lingua che lo leccava, un piacere che la fece gemere. “Cazzo, Klaus, fallo,” implorò, e lui, con un preservativo, la penetrò lentamente, il cazzo che la allargava, il dolore che si mescolava al piacere. Lei si toccava la fica, il clitoride che sfregava, e quando lui accelerò, scopandola forte, venne, uno squirt che inzuppava il letto, il culo che si contraeva, un orgasmo anale che la squassava. Klaus sborrò nel preservativo, gemendo, e lei, con un sorriso, gli pulì il cazzo con la lingua, un gesto che lo marchiava come suo.
Gli incontri continuarono per mesi, ogni volta più intensi. Klaus le sussurrava parole sporche in tedesco, “Du bist meine Schlampe,” e lei rispondeva in italiano, “Scopami più forte, porco.” Le lasciava succhiotti sul collo, sul seno, segni che lei nascondeva con sciarpe e maglioni, ma che la eccitavano, simboli del suo potere su un uomo sposato. A volte si masturbavano insieme, guardandosi, le dita di lei nella fica, quelle di lui sul cazzo, fino a venire, schizzi che si mescolavano, l’odore di sesso che li avvolgeva. Altre volte, lui la scopava in piedi, contro una finestra, il rischio che qualcuno li vedesse che li mandava in estasi. Ogni incontro era un’esplosione, un gioco di potere e desiderio, Annalisa che si sentiva una dea, sexy, desiderata, capace di far crollare un uomo con una vita stabile, di marchiarlo con il suo piacere.
Anni dopo, in Friuli, Annalisa me lo confessò, una notte in cui il vino aveva sciolto ogni inibizione. Eravamo a letto, i suoi seni contro il mio petto, la sua voce un sussurro roco che mi fotteva il cervello. Ogni dettaglio era un colpo: il flirt nella birreria, i messaggi sporchi, la notte in hotel, il cazzo di Klaus nella sua fica, nel suo culo, la sborra che le riempiva l’utero, gli incontri segreti che l’avevano trasformata. “Ero una dea, Ferdinando,” disse, gli occhi verdi che brillavano, “mi sentivo sexy, potente, desiderata. Sapevo che lo facevo impazzire, che tornava a casa con i miei segni addosso.” Mi raccontò del succhiotto sul capezzolo, un gesto deliberato per marchiarlo, del piacere di sapere che sua moglie avrebbe potuto scoprirlo, del potere di essere la sua ossessione.
Ascoltandola, ero travolto. Gelosia, sì, un nodo che mi stringeva lo stomaco, ma anche un’eccitazione che mi consumava, il cazzo duro che premeva contro di lei, il cuore che batteva forte. La immaginavo, la minigonna alzata, la fica bagnata, la bocca piena, il corpo che tremava, e il mio desiderio esplodeva. Non era rabbia; era piacere, un piacere profondo, quasi doloroso, nel sapere che la mia Annalisa aveva goduto, si era persa in quel fuoco, aveva urlato per un altro uomo. “Dimmi di più,” implorai, e lei rise, accarezzandomi il cazzo, “Sei un porco, lo sai?” Mi scopò quella notte, cavalcandomi, la fica che mi stringeva, uno squirt che mi inzuppava, ogni movimento un’eco di quella Annalisa di Monaco, la dea che aveva conquistato Klaus.
Quella confessione non fu un tradimento; fu una liberazione, un altro capitolo del nostro gioco, un mondo di fantasie che ci consuma ancora. Ogni volta che penso a Klaus, al suo cazzo nella sua fica, alla sborra che la riempiva, vengo travolto da un’erezione che non posso ignorare. Annalisa lo sa, e ogni tanto, mentre facciamo l’amore, sussurra: “Vuoi che ti racconti di nuovo di Monaco?” E io, perso in lei, annuisco, sapendo che quel fuoco non si spegnerà mai.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Voto dei Lettori:
8.0
Ti è piaciuto??? SI NO

Commenti per La confessione di Annalisa Cap. 4:

Altri Racconti Erotici in tradimenti:




® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni